Le radici dell’uomo sono tanto
più salde quanto più si impossessa del suo passato”
(Nietzsche; Sull’utilità e il
danno per la storia nella vita)
Passano lente le
mattine in Piazza della Loggia. Un turista fotografa la piazza. La Loggia,
qualche epigrafe, l’orologio. Di quella colonna sbrecciata dove 40 anni fa
venne posta una bomba, di quel semplice monumento che ricorda otto vite, nelle
sue fotografie, nelle sue memorie, non resterà traccia. Si dirige verso piazza
Paolo VI passando sotto l’orologio. Non si ferma a leggere la convocazione
della lontana manifestazione antifascista. Un gruppo di studenti che esce dal
palazzo comunale attraversa la piazza avvicinandosi alla stele. Si fermano
sulla lapide che ricorda dove fu scagliato il corpo di Alberto Trebeschi. Il
professore comincia a parlare. Alcuni studenti ascoltano. Altri chiacchierano e
scrivono al cellulare. Intanto un ragazzo va a riempire una bottiglietta alla
fontana. Chissà se sa che la posizione di quella fontana entrò nel processo,
allungandolo. Insieme ad altri fatti e depistamenti aumentò i dubbi
permettendo, negli anni, di far perdere al processo accusati, testimoni, forza.
L’allungò, permettendo alla sedia degli imputati di restare quasi sempre vuota.
“Sembra un processo a dei fantasmi” diceva Manlio Milani.
E chi insegue i
fantasmi rischia di sembrare folle agli occhi di chi non li conosce.