[...] To realize the relative validity of one’s convictions and yet stand for them unflinchingly is what distinguishes a civilized man from a barbarian.

–Joseph Schumpeter, Capitalism, Socialism and Democracy

mercoledì 1 maggio 2013

Discorso per il 25 aprile - Circoscrizione Est Brescia

Salve a tutti. Buona mattina! Buon 25 aprile!
Sono molto onorato di avere l’opportunità di essere qui con voi oggi e ringrazio di cuore le associazioni che anche quest’anno hanno organizzato questa commemorazione che pian piano sta ritagliandosi il suo spazio nella bellissima esplosione di commemorazioni alle lapidi dislocate per tutta la provincia di Brescia.




Non voglio nascondere la mia emozione a trattare di argomenti che io non posso che analizzare in prospettiva storica, davanti a donne e uomini che hanno vissuto in prima persona il dramma del fascismo e la riscossa dell'antifascismo. Emozione che nasce sia dalla coscienza della mia ignoranza in materia, sia, e soprattutto, dal sapere che oggi si festeggia una "cosa" che non riuscirò mai a capire davvero. Come faccio io, giovane nato nella “generazione digitale” ad avvertire il terrore delle staffette partigiane che rischiavano la vita per trasportare un messaggio anche di poche parole? Come faccio io a capire cosa vuole dire l’attesa della battaglia, il cantare “Bella Ciao” al fronte per tentar di coprire il rumore degli spari e per farsi forza tra compagni? Come faccio io ad immaginare un cerchio di uomini davanti ad un fuoco di montagna che, in una sera invernale, dopo una serata di marcia, al posto di riposarsi, hanno ancora la forza, di domandare e di pensare e di rispondere sul tema più alto: “Democrazia”. Quando mi viene raccontato dai partigiani non ci credo quasi. Democrazia…  Non sapere che cos’è la democrazia e stare svegli la notte per provare a capirlo con i propri compagni... È un immagine bellissima. Toccante. Inimitabile. E sono forse incomunicabili a noi giovani quelle emozioni. Io vivo in una democrazia. Loro l’hanno sognata per me! È il regalo più grande che una generazione può fare alla successiva. È la pianta che loro hanno piantato per noi e che a noi tocca solo annaffiare di tanto in tanto, anche se sembra che pochi se ne ricordino, ormai…
A questi testimoni, a questi martiri, a questi partigiani posso solo dire grazie. A nome mio, della mia generazione e delle future. Grazie ogni giorno, grazie per ogni ora di scuola, ma soprattutto grazie oggi. Grazie per aver sognato un 25 aprile!

Mi piacerebbe concentrarmi in questo mio breve intervento si di un aspetto che può sembrare scontato, quasi banale, ma sul quale credo che ormai, a 68 anni dalla Liberazione, serva cominciare a fare qualche riflessione. Quest'aspetto è la definizione di Resistenza, che può sembrare un dato acquisito, ma sul quale si rende necessaria una riflessione approfondita in quanto è impossibile trattare di un concetto, magari a partire da posizioni diverse, senza che questo abbia almeno una definizione univoca.
"Resistenza", potrebbe dire un bravo studente che ha voglia di approfondire oltre le lezioni a scuola, dato che questo pezzo di storia viene raramente inserito nei programmi dell’istruzione primaria e secondaria, è il periodo della Seconda Guerra Mondiale che va dall’armistizio, 8 settembre 1943, al 25 aprile 1945, data in cui da molte città italiane furono cacciati i presidi e le squadracce fasciste.
Sì,  certo, la Resistenza storicamente è stata questo fatto. Ma possiamo permetterci di considerarla solo ciò? Solo una risposta esecutiva, secondo l’elementare principio di azione e reazione, ai crimini del fascismo? Forse ridurci solo a questo non può che esporci continuamente, come succede, alle accuse di essere fuori dal tempo a festeggiare il 25 aprile, poiché questa ricorrenza, se considerata solo questo, non si merita più attenzione delle date, che ne so, della battaglia di Farsalo o di Caporetto?
Credo che, se considerassimo la Resistenza solo così, quando verrà tragicamente meno l’ultimo testimone non si potrà che dare ragione a coloro che, com’è stato proposto lo scorso anno, per motivi economici, vorrebbero togliere la festa della Liberazione. Per aumentare la produzione, dicono.
Ma possiamo permetterci una tale dimenticanza delle nostre radici repubblicane e democratiche?
Chiedendo ad altri si potrebbe arrivare alla conclusione che la Resistenza è stata una lotta di Liberazione antifascista. Così c’è almeno lo stimolo morale di un “anti-“ che non è solo un prefisso, ma, com’è mostrato anche dal fatto che esso non è graficamente staccato dalla parola “fascista”, è un termine che porta con sé dei valori, delle idee proprie che trascendono e superano quelle di mera opposizione al fascismo.
Ma forse anche questo concetto, nonostante sia sempre attuale, andrebbe ampliato, per rendere chiaro anche a qualsiasi revisionista che non è che anche se oggi non c’è un partito denominato ufficialmente “partito fascista” il concetto di Resistenza ha da venir meno, ma può solo continuare in quello che della Resistenza è stato il frutto allo stesso tempo programmatico e cogente: la Costituzione.
Ha molto più senso questo concetto se completato come segue: Lotta di Liberazione antifascista la cui esperienza ha dato vita alla Costituzione repubblicana.
E già qui è cambiato qualcosa. Come non ricordare a tal proposito le ultime parole di Franco Castrezzati, oratore ufficiale nella manifestazione antifascista del 28 maggio 1974 in Piazza della Loggia, e quell’ultima frase prima della drammatica esplosione. “Antifascista e quindi costituzionale”…
Questa frase segna il percorso che unisce la Resistenza e l’Antifascismo, suo humus, all'oggi. Alla Costituzione. A quest’oggi che, con tutte le sue problematicità, è passato anche per piazza della Loggia, quel 28 maggio di pioggia.
Ma una situazione storica non può essere letta se non in riferimento ai sui frutti. E qual è stato il fiore della Resistenza, se non quell’altissimo concetto che è la Libertà? La Liberazione!
La festa della Liberazione è la festa della maturità d’Italia, della nostra maggiore età come popolo. È la festa del fatto che i diritti fondamentali da quel giorno sono divenuti da concessi, com’erano con lo Statuto Albertino, a conquistati. O per esattezza: si è conquistato di aver dei diritti in quanto esseri umani. 
È il ricordo del giorno in cui una protesta armata, o una rivoluzione mancata come anche si dice, si è trasformata in Stato. È il giorno in cui tutte le nostre forze migliori hanno trovato un posto nella società.

È stato però solo un giorno di passaggio. Non un momento di chiusura di un esperienza.

Riguardo a un altro termine spesso confuso e volgarizzato, cioè "partigiani", ci tengo a sottolineare come esso non voglia dire "faziosi", come molte persone vorrebbero farci credere. Ma vuol dire semplicemente "coloro che hanno scelto da che parte stare". Avrebbero potuto scegliere l’avere una divisa calda, il poter dormire in delle caserme sicure, l’avere sempre le armi pronte a sparare ed il ricevere una buona paga, ma hanno scelto di salire sui monti, con “scarpe rotte”, con le armi che si inceppavano per l’umidità, senza compensi e sotto la pioggia.
"Partigiano" vuole dire “ribelle per amore”. "Partigiano" non vuol indicare coloro che sono stati degli strenui difensori di posizioni ideologiche, ma coloro che si sono resi conto che per essere di tutti, per dare un servizio a tutti, era necessario scegliersi una parte. Una parte che non può essere equiparata con quella dei repubblichini, con coloro che davanti alla stessa scelta decisero per la paga, per il giaciglio caldo ed alle “scarpe rotte” sostituirono degli stivali di cuoio. La morte di un repubblichino è tragica esattamente come quella di un partigiano. Ma le loro parti e le loro scelte non sono uguali. Ed è bene ricordarlo sempre.

Come dicono spesso alcuni di coloro che 68 anni fa, oggi stavano ancora combattendo per le strade delle città italiane, la Resistenza oggi è molto più difficile. Personalmente non sono completamente d’accordo con questa affermazione, ma la posso capire. È molto più difficile perché non ci sono più le camicie nere ed i fazzoletti rossi e verdi a sfidarsi. È uno scontro molto più subdolo. È uno scontro culturale e morale. È uno scontro fra la libertà ed il seguire le mode. È uno scontro le cui battaglie si vincono o si perdono ogni giorno, senza scontri a fuoco, ma semplicemente con una scelta. Fra la scelta di alzarsi ed andare in corteo o stare a casa  dormire. Fra la scelta se aprire un libro ed approfondire o guardare un talent-show in televisione.
Fra la scelta tra essere qui oggi o no.
E credo che coloro che sono qui, che si sono svegliati a sentire queste mie scontate riflessioni abbiano fatto una scelta. E credo che sia stata anche una scelta giusta.

VIVA LA REPUBBLICA!
VIVA L’ITALIA!
ALDODICE 26 X 1!
VIVA LA RESISTENZA ANTIFASCISTA!

Grazie…





A Sant'Eufemia; camminando con Romano Colombini