1 Non era sterminato il cìelo,
e l’aria estiva d’ardore virile
piena pesava nell’attesa fredda
del nemico invasore e del fascista.
quelle passioni politiche assurte
a fede, e quel disagio profondo
che genera nell’animo l’oppressione,
ed il groppo alla gola nel vedere
10 ogni giorno stuprata la Libertà
nei palazzi da cui magisterava
prima. Prima del fascismo, della
guerra, prima della montagna amica
e del fucile accanto al giaciglio,
e prima di sentir tagliato il cielo
dal rombo di Pippo. Sì, fa ridere,
oggi quel nome che a noi mortifero
rompeva il sonno ora è divenuto
solo un altro elemento della futura
20 incomunicabilità. Ma pesa,
questa, già, su di me e su di voi,
anche se non ce ne accorgiamo appieno,
in questo mondo che corre veloce.
Prova a pensare all’odore secco
dei campi duri di lavoro al confino
mentre sotto gli sguardi delle guardie
si faceva resistenza parlando,
umanamente, fra nuovi compagni.
Immagina entro le diverse nebbie
30 dei diversi campi di battaglia,
lo stesso nemico che nero stava
dalla Spagna, per la Francia, in Italia.
Immagina il rumore degli spari
rotto solo dal flebile ed eroico
canto: “Bella Ciao”. Ma soprattutto
pensa al festoso lavoro e alla lotta
della rifondazione antifascista,
della convulsa vita politica
vissuta, ancora, come strumento
40 per costruire insieme un’Italia
migliore. Un’Italia senz’incubi,
un’Italia senza persecuzioni:-
il nostro vero desiderio per voi.
Ma ci sono altre cose, che forse
mai riuscirò a narrare a nessuno:
gioie intime e ricordi belli.
Così ricordo Torino, Torino
Liberata. La gioia nelle piazze.
L’ultima delle nostre capitali
50 liberate. E delle tre la sola
nella quale fu nostra la vittoria.
E come potevo allor io restare
fermo, ad attendere gli alleati
per le cerimonie, quando a Brescia
si lottava ancora? Come potevo
stare lontano da casa, quando lì
ci poteva essere bisogno di me?
Come potevo perdere il ruggito
di gioia che dalle valli bresciane
60 scendendo nelle piazze, sbeffeggiava
il Bigio, sempre fermo e attonito?
Semplicemente non potevo, no,
lasciare, per la diplomazia,
la lotta ed il ricordo di Brescia,
cristallizzato nell’oppressione. Ma,
soprattutto ricordo la domanda
che nelle fredde serate invernali,
sui monti amici, era ripetuta
a bassa voce. Era la richiesta
70 di insegnare una luce. Ed era
la domanda di trovare una strada.
Spaziavano le menti nel concetto
più alto: democrazia. Sì, lo so,
che oggi, qui, sembra una riflessione
stupida, ma come poteva esserlo
per chi era sempre vissuto, schiavo,
in un'elementale dittatura?
Tutti chiedevano esempi, racconti
definizioni, sogni e aspettative,
80 e i comandanti sempre a raccontare,
mai paghi, le conclusioni iberiche
a quelle riflessioni uguali, se non
per il grido, che le concludevano:
“NO PASARAN!”, allora urlavamo
“LIBERAZIONE!” insieme gridiamo.
Ma forse or’è il momento di tacere,
e di smettere di narrare la vittoria,
oggi sembra che non serva memoria,
per litigare sulla nostra storia.
90 Di sicuro all’inizio abbiamo sbagliato,
ci siamo lasciati divisi, testardi
ognuno solo con la sua bandiera
e con i propri partiti da fare.
Sì, certo, hai ragione a ricordare
che insieme, tutti gli antifascisti
siamo riusciti a scrivere la nostra
Costituzione. Ma è stato un figlio
non curato, lasciato sempre solo
perciò non aiutato a realizzarsi,
100 nel crescere da sogno a pratica.
Quando annotavo, alle feste dell’Unità,
le bandiere rosse e tricolori,
e le prime erano anche maggiori
in numero, ed anche questo è un segno,
forse, del non aver creduto fino
in fondo, in quella nostra creatura.
Ma anch'io ch’ho ormai deposto della gioventù
l’arme dell’ardore sento tuttavia
ancora l’importanza di molte,
110 delle domande ancora senza risposta,
di giustizia sull’equità sociale,
e conosco le fatiche necessarie
per rendere vivo un sogno perenne.
E così ogni era ha la sua guerra,
e non puoi decidere di non lottare,
ed ogni epoca ha la sua resistenza
e devi scegliere da che parte stare.
Ai nostri tempi era tutto palese:
noi sapevamo dov’erano i monti,
120 conoscevamo i nostri nemici,
oggi lo scontro è molto più subdolo
e le scelte molto più difficili,
oggi non serve prendere un fucile
ma avere la forza di scegliere
quotidianamente e sempre il giusto.
Come l’alzarsi per andare in corteo,
come anche avere ancora la voglia
di sognare un mondo più bello e libero.
Piccoli gesti, ma che continuano
130 quell’anelito essenziale d’idea
di ribellione che indica quella
differenza sostanziale fra quelli
che furono poi chiamati fascisti,
e coloro che saranno ricordati
partigiani, uomini che hanno scelto
di rischiare la vita per gli altri,
per voi. ORA E SEMPRE RESISTENZA!
marco castelli
IN MEMORIA DI ITALO NICOLETTO
http://www.anpi.it/b1891/
Testo classificatosi secondo
al concorso "I giovani e la memoria"
edizione 2012-2013
dell'ANPI Brescia