Tutte queste cose credo ci
possano dimostrare come si stia aprendo una sempre più netta spaccatura fra il
mondo reale. Il mondo reale in tutti i sensi, sia il mondo del lavoro sia il
mondo dei bisogni e delle ricerche dei giovani. Ma ci si può permettere questa
situazione? Una società si può permettere che la scuola venga rigettata, messa
in un angolo da tutti i suoi abitanti? E purtroppo con la scuola vengono
dimenticate anche tutti gli insegnamenti, tutti i concetti alla base della
nostra civiltà dei quali la scuola è la legittima e forse unica portatrice.
Si può evitare questo? Di sicuro,
non con la strada che il Ministero dell’Istruzione sembra seguire.
Perché oggi, per come in questi
ultimi anni è stata disegnata, la scuola deve diventare una scuola-azienda, un
luogo spersonalizzante, dove la nostra vita, perché sì, secondo me quella a
scuola è, e deve essere ancora vita nel senso più puro del termine, è guidata
da medie, registri di presenze, monte-ore, badge elettronici, etc. Perché tutto
questo? Per la meritocrazia?
Vi sembra che si possa parlare
di meritocrazia quando un sondaggio, eseguito poco tempo fa in un liceo
bresciano, ha dimostrato che l’80% degli studenti va a ripetizioni private? Vi
sembra che si possa parare di meritocrazia in queste situazioni? Meritocrazia
di chi ha i soldi per pagare anche 40 euro all’ora di lezioni private, non per
gli altri!
E questo perché bisogna terminare i programmi,
e non c’è tempo per fermarsi di più su un argomento. Non si può fare una
lezione di esercizi in più perché il tempo è poco, le ore sono poche ed i
programmi sono sterminati. Quindi vince chi si paga le lezioni private. Ma gli
altri?
Bisognerebbe riscoprire la
maieutica. Il fatto che i ragazzi non siano dei vasi da riempire di nozioni, ma
dei giovani uomini con cui dialogare, con cui continuare la narrazione della
nostra storia. Bisogna ripartire dalle competenze, non dalle conoscenze
asistematiche che sembrano essere l’unico obiettivo dell’istruzione italiana. E
non è una differenza scontata. Perché le competenze vanno imparate, maturate,
sviluppate, sono le conoscenze che possono venire inculcate, per utilizzare un
lessico culturalmente volgare che purtroppo ci siamo abituati a conoscere.
Ma la nostra, ad oggi, è una
scuola che taglia, oltre ai bilanci, i sogni, e che svilisce le passioni di
coloro che la abitano, dagli studenti ai professori. Gli studenti italiani oggi
hanno bisogno di un’istituzione che urli che “sì, in un paese civile di cultura
si vive”. E i professori italiani hanno bisogno di sentirsi valorizzati come meritano,
non minacciati di provvedimenti se parlano di attualità in classe e sviliti
dalle esternazioni della Gelmini di turno. Le scuole hanno bisogno di una cura
e di un’attenzione che sia propositiva e che mal si coniuga con l’invenzione
dei presidi reggenti, che diventano i meri amministratori di ambienti che non
conoscono e non possono riuscire a conoscere nel poco tempo che hanno a
disposizione! La scuola italiana ha bisogno di un Ministero della Pubblica
istruzione. Non di un ministero dell’istruzione, come questo dicastero è stato
ribattezzato nelle ultime legislature.
Non si può permettere che
l’istituzione considerata il “laboratorio del vivere democratico” sia estraniata
dalla vita di tutti i giorni e venga vissuta in uno spazio estraneo, di
disinteresse comune.
Perché gli studenti vogliono
imparare a sognare come sognarono i matematici, i filosofi ed i letterati che
immaginarono questo mondo. E perché vogliono imparare a vivere insieme, in una
comunità inclusiva e non sempre alla ricerca del diverso, declinato come lo straniero
o l’asino, sempre da allontanare, bocciare, mettere nelle classi ponte dai
monarchi assoluti delle aule, che spesso si coprono di queste vesti perché anche
loro insoddisfatti e lasciati soli dalla società.
“Trasformare i sudditi in
cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere” sosteneva Calamandrei, padre
costituente. E una scuola autoritaria prepara una società autoritaria, una
scuola democratica una società democratica, una società costituzionale.
E se vogliamo continuare a
vedere il declino culturale e morale del nostro paese basta continuare su
questa strada. Continuiamo a dimenticarci della scuola, o a disegnarla secondo
i dettami del più becero capitalismo umano!
Se invece crediamo ancora in
un’Italia democratica allora investiamo nella scuola, nella formazione e
nell’istruzione. Ma non come si può investire in un’azienda, dove la scelta è
basata solo su proporzioni, numeri e valori di borsa come vorrebbero essere
nella scuola le prove INVALSI. Ma investiamo con vera fiducia, facendo capire
agli studenti che sono la risorsa di una nazione, che la loro creatività è un
valore per il futuro dello Stato, non un peso ai bilanci perché bisogna
organizzare le attività ex-DPR 133 e la giornata dell’Arte e della Creatività
studentesca.
Possiamo esserne sicuri. I
risultati arriveranno!
marco castelli