[...] To realize the relative validity of one’s convictions and yet stand for them unflinchingly is what distinguishes a civilized man from a barbarian.

–Joseph Schumpeter, Capitalism, Socialism and Democracy

giovedì 21 febbraio 2013

"Lamento ad un'ipotetica platea interessata alle tristi sorti della scuola pubblica" - seconda parte


Tutte queste cose credo ci possano dimostrare come si stia aprendo una sempre più netta spaccatura fra il mondo reale. Il mondo reale in tutti i sensi, sia il mondo del lavoro sia il mondo dei bisogni e delle ricerche dei giovani. Ma ci si può permettere questa situazione? Una società si può permettere che la scuola venga rigettata, messa in un angolo da tutti i suoi abitanti? E purtroppo con la scuola vengono dimenticate anche tutti gli insegnamenti, tutti i concetti alla base della nostra civiltà dei quali la scuola è la legittima e forse unica portatrice.
Si può evitare questo? Di sicuro, non con la strada che il Ministero dell’Istruzione sembra seguire.
Perché oggi, per come in questi ultimi anni è stata disegnata, la scuola deve diventare una scuola-azienda, un luogo spersonalizzante, dove la nostra vita, perché sì, secondo me quella a scuola è, e deve essere ancora vita nel senso più puro del termine, è guidata da medie, registri di presenze, monte-ore, badge elettronici, etc. Perché tutto questo? Per la meritocrazia?
Vi sembra che si possa parlare di meritocrazia quando un sondaggio, eseguito poco tempo fa in un liceo bresciano, ha dimostrato che l’80% degli studenti va a ripetizioni private? Vi sembra che si possa parare di meritocrazia in queste situazioni? Meritocrazia di chi ha i soldi per pagare anche 40 euro all’ora di lezioni private, non per gli altri!
 E questo perché bisogna terminare i programmi, e non c’è tempo per fermarsi di più su un argomento. Non si può fare una lezione di esercizi in più perché il tempo è poco, le ore sono poche ed i programmi sono sterminati. Quindi vince chi si paga le lezioni private. Ma gli altri?

Bisognerebbe riscoprire la maieutica. Il fatto che i ragazzi non siano dei vasi da riempire di nozioni, ma dei giovani uomini con cui dialogare, con cui continuare la narrazione della nostra storia. Bisogna ripartire dalle competenze, non dalle conoscenze asistematiche che sembrano essere l’unico obiettivo dell’istruzione italiana. E non è una differenza scontata. Perché le competenze vanno imparate, maturate, sviluppate, sono le conoscenze che possono venire inculcate, per utilizzare un lessico culturalmente volgare che purtroppo ci siamo abituati a conoscere.

Ma la nostra, ad oggi, è una scuola che taglia, oltre ai bilanci, i sogni, e che svilisce le passioni di coloro che la abitano, dagli studenti ai professori. Gli studenti italiani oggi hanno bisogno di un’istituzione che urli che “sì, in un paese civile di cultura si vive”. E i professori italiani hanno bisogno di sentirsi valorizzati come meritano, non minacciati di provvedimenti se parlano di attualità in classe e sviliti dalle esternazioni della Gelmini di turno. Le scuole hanno bisogno di una cura e di un’attenzione che sia propositiva e che mal si coniuga con l’invenzione dei presidi reggenti, che diventano i meri amministratori di ambienti che non conoscono e non possono riuscire a conoscere nel poco tempo che hanno a disposizione! La scuola italiana ha bisogno di un Ministero della Pubblica istruzione. Non di un ministero dell’istruzione, come questo dicastero è stato ribattezzato nelle ultime legislature.
Non si può permettere che l’istituzione considerata il “laboratorio del vivere democratico” sia estraniata dalla vita di tutti i giorni e venga vissuta in uno spazio estraneo, di disinteresse comune.
Perché gli studenti vogliono imparare a sognare come sognarono i matematici, i filosofi ed i letterati che immaginarono questo mondo. E perché vogliono imparare a vivere insieme, in una comunità inclusiva e non sempre alla ricerca del diverso, declinato come lo straniero o l’asino, sempre da allontanare, bocciare, mettere nelle classi ponte dai monarchi assoluti delle aule, che spesso si coprono di queste vesti perché anche loro insoddisfatti e lasciati soli dalla società.

“Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere” sosteneva Calamandrei, padre costituente. E una scuola autoritaria prepara una società autoritaria, una scuola democratica una società democratica, una società costituzionale.
E se vogliamo continuare a vedere il declino culturale e morale del nostro paese basta continuare su questa strada. Continuiamo a dimenticarci della scuola, o a disegnarla secondo i dettami del più becero capitalismo umano!
Se invece crediamo ancora in un’Italia democratica allora investiamo nella scuola, nella formazione e nell’istruzione. Ma non come si può investire in un’azienda, dove la scelta è basata solo su proporzioni, numeri e valori di borsa come vorrebbero essere nella scuola le prove INVALSI. Ma investiamo con vera fiducia, facendo capire agli studenti che sono la risorsa di una nazione, che la loro creatività è un valore per il futuro dello Stato, non un peso ai bilanci perché bisogna organizzare le attività ex-DPR 133 e la giornata dell’Arte e della Creatività studentesca.
Possiamo esserne sicuri. I risultati arriveranno!

marco castelli