“Bisogna essere di parte per essere di tutti”
Se non si sceglie una parte, muore l'interesse e la curiosità. Vince l'opportunismo.
Se non si sceglie una parte, vince la solitudine, la parcellizzazione della società.
Se non si sceglie una parte, vince l'interesse capitalistico, che invece di essere interesse di gruppo, è interesse dei pochi. O meglio, interesse dei potenti.
Se non si sceglie una parte, appassiscono alcune categorie, ma non per questo siamo tutti uguali. Muoiono le categorie sociali e politiche, trionfano quelle razziali, culturali, che sono esse stesse parte, e parti dalle quali è impossibile separarsi. Vince l'ontologia sulla libertà della scelta.
Se non si sceglie una parte, vince la reazione, vince lo status quo, vince l'immobilismo sociale.
Se non si sceglie una parte, muore il conflitto, muore la dialettica. Muore anche la sintesi, quindi, la cooperazione.
Non si sceglie una parte invece del tutto. Il tutto non si può considerare mentre lo si vive. Si sceglie una parte invece del niente.
Scegliere una parte non vuol dire adottare dei metodi, vuol dire scegliere una direzione.
Scegliere una parte non vuol dire ricopiare la storia passata, vuol dire continuarla, scriverla e riscriverla per gli stessi obiettivi.
Scegliere una parte vuol dire generare un movimento, uno spostamento, della forza creativa [1].
Scegliere una parte vuol dire adottare un sogno.
Scegliere una parte vuol dire trovare l'energia di respirare nel divenire e non nella difesa del passato.
"Il processo della fusione e dell'unità si opera cioè attraverso
una esasperazione della dualità"
(Giuseppe Grosso; Storia del diritto romano)
Sono partigiano, vivo, [...] perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
(Antonio Gramsci; Scritti giovanili)
[1] Etimologia di “parte” secondo il dizionario etimologico Rusconi: “dal latino pars (=porzione), da un più antico *pors, dalla stessa radice di parere (=generare) [...].
